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Homepage » Un racconto di Joseph Tom Burgess (1828-1886)

Una meravigliosa festa di Natale

Permettetemi di presentarvi il Signor Decremps.

Fummo lieti, anzi, più che lieti di dargli il benvenuto presso di noi. La sua reputazione lo precedeva e eravamo tutti ansiosi di fare la sua conoscenza. Già ai suoi giorni, pochi avevano sentito parlare di lui e oggi la sua fama è eclissata dai suoi successori: Bartolomeo Bosco, Robert-Houdin, Frikell e il nostro professor Anderson. Fu Decremps a confidare a Sir Walter Scott il segreto della bacchetta da rabdomante. È stato lui a insegnare a tutti i maghi d’oggi le illusioni più sottili e meno note con cui deliziano e stupiscono il pubblico moderno; eppure, senza nulla togliere alla loro meritata reputazione, credo che le loro siano solo timide imitazioni del loro vecchio maestro. Decremps proponeva corsi di illusionismo chiedendo mezza corona a lezione, e la tariffa era la stessa che partecipassero solo una o venti persone alle sue “serate” – anche se oggi credo che il termine corretto sia “sedute”.

Decremps era ormai anziano; era nato prima del 1785, e quindi prima della prima Rivoluzione francese. Era stato tristemente trascurato sia dalla fama che dalla fortuna. Non aveva un aspetto piacente. Se era mai stato giovane – e su questo nutrivamo qualche dubbio – era evidente che il passare del tempo era stato molto severo nei suoi confronti, forse perché invidioso dei suoi incantesimi; per quanto fosse intelligente, infatti, Decremps non era stato baciato dalla bellezza – al contrario, va detto che era particolarmente brutto. In gioventù si era reso famoso per aver smascherato i trucchi di Pinetti, il mago parigino preferito dalla corte di Luigi XVI, e in vecchiaia – dopo la Rivoluzione – era emigrato all’estero.

Questo era l’abilissimo prestigiatore francese che mi fu presentato in occasione di una serata natalizia, prima che scoppiasse la moda dei colpi spiritici e dei nodi medianici. Molte delle illusioni e dei trucchi che il vecchio gentiluomo ci mostrò in quella memorabile serata potranno dare a qualche giovane persona particolarmente ingegnosa spunti utili per organizzare una meravigliosa festa di Natale.

La stanza in cui incontrammo per la prima volta Decremps era piccola. Alcuni vecchi arazzi erano appesi alle pareti della stanza e uno la attraversava nel punto in cui un paio di porte a soffietto conducevano a una camera adiacente. Ebbi giusto il tempo di notare questa disposizione quando apparve il nostro “intrattenitore filosofico”. «Non sono un prestigiatore ma un fisico esperto in questioni meccaniche», disse il vecchio; «ma vi svelerò molte curiose illusioni e risponderò a tutte le domande che mi farete».

Per prima cosa prese un piccolo fischietto d’argento che sembrava dotato di poteri magici come quello del pifferaio di Hamelin. Si udì un suono di acque impetuose, come l’incresparsi di una fontana. Le luci nella stanza si oscurarono e ci rendemmo conto che l’arazzo si muoveva davanti ai nostri occhi, anche se non riuscivamo a distinguerne bene il movimento. La luce era di un viola intensissimo e, mentre passava attraverso tutte le tonalità dell’arcobaleno, diventando via via più chiara, vedemmo l’immagine di un paese incantato, mentre l’odore di mille fiori si diffondeva per la stanza. Si diffuse una musica soave; vedemmo uccelli svolazzare e cantare, serpenti strisciare, fiori che crescevano e sbocciavano, anatre che mangiavano ai bordi di un lago in miniatura su cui nuotavano dei cigni. Sulle pareti laterali si intravedevano due ritratti semitrasparenti, le cui cornici sembravano ardere di luce. Confesso di aver trattenuto il fiato a lungo, ammirando quelle meraviglie, per il modo straordinario in cui era state realizzate. Proprio in quel momento, una voce dolcissima iniziò a cantare una chanson francese, e quando la melodia si fermò, Decremps prese la parola: «Quello che avete appena visto», disse con un delizioso accento francese, «è una combinazione di principi scientifici che abbagliano l’occhio e illudono i sensi. A voi è parso di vedere un paese incantato: è il paese incantato della filosofia. Partiamo dai ritratti. I due medaglioni sono circolari e semitrasparenti. La loro forma è stata progettata ad hoc, la semitrasparenza è accidentale ma ne ho approfittato. La cornice è composta da tubi di vetro attorcigliati, che ruotano sul proprio asse come fanno i pianeti. Il bordo del medaglione è il motore responsabile della loro rotazione; è il loro movimento a farne variare la lucentezza che ha tanto attirato la vostra attenzione. Se i tubi di vetro sono dotati di pignoni innestati su una ruota dentata delle dimensioni del quadro o del medaglione, la rotazione è particolarmente semplice».

Ai suoi tempi, gli usignoli canterini e i ciuffolotti pigolanti erano ancora sconosciuti e Decremps non pretendeva di imitare degli uccelli veri. I primi due che vedemmo erano inequivocabilmente artificiali. Gli occhi erano formati da piccole pietre preziosi e i corpi ricoperti di minuscole conchiglie iridescenti come madreperla, ali e becco si muovevano mentre i due cinguettavano in modo incantevole, l’uno accompagnando l’altro fino all’ultima nota. Il mio vicino sussurrò: «Ingegnoso, ma è evidente che sono fissati al trespolo. Il suono è ben fatto, molto ben fatto!» Aveva appena finito di dirlo quando gli uccelli volarono da un trespolo all’altro con grande naturalezza, battendo le ali. «Bravo!», esclamò il mio amico, e ci furono mormorii di approvazione; qualcuno sussurrò: «Ma come fa?!». Uno ipotizzò che ci fosse una molla nascosta all’interno degli uccelli, ma parve a tutti assurdo. Decremps sorrise e spiegò che era tutta un’illusione: non aveva l’intenzione di farli passare per uccelli vivi, ma dimostrare che delle semplici imitazioni potevano muoversi liberamente, in apparenza senza alcun appoggio; in realtà, l’effetto illusorio era prodotto da un sistema di fili e leve meccaniche. I due trespoli erano uniti alle estremità con un angolo di 45°. Gli uccelli, pur poggiando in apparenza su uno dei trespoli, in realtà non erano attaccati a nessuno dei due. C’era un terzo trespolo, mascherato perché sembrasse una porzione di uno degli altri; era lui a fermare gli uccelli e nascondere all’interno dei fili tramite cui si muovevano ali e becco. Con un movimento tanto rapido da non essere visto dagli spettatori, quel trespolo segreto spostava gli uccelli da un trespolo all’altro, e l’illusione funzionava ancora meglio se, nel momento del trasferimento, si aveva cura di distogliere l’attenzione del pubblico su qualche altro oggetto.

E per quanto sia sorprendente la testa parlante del colonnello Stodare (1) , che funziona grazie a un gioco di specchi che nasconde il corpo di una persona complice, restammo ancora più stupiti quando vedemmo l’immagine di un cherubino fluttuante, appeso a due o tre piedi dal soffitto. I fili che la sorreggevano erano tanto sottili da essere invisibili, e ciò ci impediva di ipotizzare un collegamento di qualche tipo con il soffitto o con qualche persona complice nascosta. La figura rispondeva alle nostre domande parlando attraverso una tromba dorata tenuta tra le labbra, e le parole che ne uscivano erano così ben scandite da mettere i brividi. Decremps spiegò di averci mostrato quella figura per dimostrare quanto potessero essere inspiegabili alcuni fenomeni basati su trucchi molto semplici. Se la voce fosse stata flebile, si sarebbe detto che si trattava di ventriloquismo, ma poiché era forte e proveniva inequivocabile dalla figura, il tutto appariva meraviglioso. La tromba parlante, però, funzionava anche come ricevutore dei suoni. Tramite una seconda tromba nascosta nella testa della figura e un semplice tubo nascosto nel soffitto, una persona complice poteva ascoltare e rispondere con quel tono forte e strano che ci aveva tanto spaventato, senza dare adito a nessun sospetto sulla provenienza della voce.

Spostammo dunque l’attenzione alla bellissima fontana che costituiva il fulcro di quelle meraviglie. Su un lato si ergeva un albero pieno di foglie e ai lati erano disposti diversi vasi. Alcuni contenevano delle piante in piena fioritura, altri sembravano vuoti; in tutto erano quattro. Le anatre nuotavano ai bordi della vasca mentre i cigni si muovevano maestosi lungo una traiettoria circolare. Dapprima ammirammo l’albero, che sembrava crescere e fiorire; in pochi minuti era carico di frutti. In quel momento, gli occhi scintillanti di un serpente apparvero sotto l’albero e vedemmo la creatura strisciare lungo il fusto seguendo una spirale e scomparire tra le foglie. Ne seguirono altri e altri ancora, finché non ci si chiese dove fossero nascosti tutti. Decremps spiegò che, in realtà, i serpenti erano solo due, e mentre uno saliva l’altro scendeva all’interno del fusto dell’albero. Anche la fioritura dell’albero, spiegò, era un trucco ingegnoso e si poteva eseguire in vari modi. Si avvicinò alla pianta e ne staccò un germoglio, che mise in uno dei vasi vuoti. Un altro fu riempito allo stesso modo. Appena furono messi nei vasi, i germogli cominciarono a fiorire. Decremps staccò le piante dagli altri vasi per mostrare che non erano collegate tra loro, e sostituendole con dei germogli, anche queste fiorirono all’improvviso. Di fronte a quel prodigio scoppiò un applauso. «La palingenesi» spiegò Decremps, «ovvero “l’arte della rigenerazione” è un’illusione molto antica e si può eseguire in tanti modi. Qui ho scelto il modo più semplice, ma non per questo meno efficace. Il gambo e i rami della piantina sono fatti di carta arrotolata, ma va bene anche la cartapesta, l’importante è che siano rigidi e cavi. Potete acquistare foglie e steli artificiali o realizzarli voi stessi in carta di pergamena. Frutti, fiori e boccioli devono essere piccoli palloncini di budello, anch’essi cavi e fissati ai gambi con un filo di seta, in modo che si espandano quando ricevono l’aria soffiata da un mantice. I fiori e i frutti restano nascosti alle estremità dei fusti e dei rami, o dietro foglie un po’ più spesse del normale fissate in modo da nasconderli. I vasi e l’albero sono collegati a un mantice doppio, in modo da poterli riempire istantaneamente se necessario. Quando mi sono avvicinato per staccare i fiori, in segreto ho aperto la valvola necessaria per riempirli. Se avessi avuto in tasca o nascosta nel polso una pompetta, avrei potuto produrre l’illusione dall’altro capo della stanza o mentre mi trovavo in mezzo a voi. Aggiungo che i cigni si muovono intorno alla vasca grazie a un piccolo getto laterale che provoca nell’acqua una corrente rotatoria. La stessa corrente muove delicatamente una calamita rotante sotto la vasca, che attira così le anatre lungo l’argine».

Decremps ci presentò poi la figlia: era sua la voce udita all’inizio; poi richiamò l’attenzione sul bellissimo effetto dei raggi colorati, prodotti dalla luce di una potente lampada riflessa attraverso un vetro colorato. Questo spiegava la visione fiabesca che aveva aperto il suo spettacolo. La luce si spense mentre un piccolo vaporizzatore diffondeva un piacevole profumo nella stanza. Il buio serviva a nasconderci la preparazione della scena. Quando la luce fu riaccesa sulla curiosa tappezzeria, la signorina era stata bendata e il padre ci spiegò che quella messa in scena sarebbe servita per mostrarci quanto sia fallibile la mente umana. Decremps prese un mazzo di carte e lo mescolò rapidamente, affermando che la figlia sarebbe stata in grado di riconoscere qualsiasi carta fosse stata scelta da una persona tra le presenti. Verificammo che la signorina fosse effettivamente bendata e suo padre ci consentì di tagliare il mazzo più volte, per dissipare il sospetto che esistesse una qualche forma di complicità tra lui e la figlia. Le carte erano rivolte verso di noi, in modo che tutti potessimo vederle. Decremps spiegò che non avrebbe aperto bocca mentre la figlia nominava le carte. Le chiese se fosse pronta e lei annuì, annunciando il valore della prima e di tutte le successive, una alla volta, man mano che venivano mostrate. Poi ci svelò il trucco: le carte erano preordinate in una sequenza che la signorina conosceva in anticipo. Invece di mescolare il mazzo, lui si limitava a tagliarlo, e i tagli non alteravano mai la disposizione complessiva. Le ultime parole che pronunciava erano, in realtà, un segnale in codice con cui comunicava alla figlia il valore della carta in fondo, in modo che le potesse risalire a quello della carta successiva e via via di tutte le altre. Questo segreto è sempre stato molto efficace nel produrre piacevoli illusioni, ma non va mai ripetuto con le stesse persone e il mazzo va mescolato non appena l’esperimento è terminato. Più grande è la stanza e più numeroso è il pubblico, meglio funziona questo prodigio. Il preordinamento permette al mago di conoscere subito la carta estratta dal mazzo da una persona del pubblico: basta tagliare le carte nello stesso punto e la carta in fondo dà l’indizio necessario per risalire alla successiva. Il trucco può essere ripetuto più volte, e se il mago ha buona memoria e ha a disposizione un buon codice di comunicazione segreta, i valori delle carte possono essere comunicati a una persona complice anche molto lontana.

La serata si è conclusa con alcuni meravigliosi esperimenti con la bacchetta da rabdomante. Nonostante si sappia che molti di questi fenomeni si basano su trucchi e sotterfugi, c’è ancora chi crede nella possibilità di trovare – con quello strumento – acqua e minerali in luoghi sconosciuti. Gli esperimenti sono stati perfino più curiosi di quelli a cui ha assistito Jonathan Oldbuck, raccontati in modo davvero piacevole da Sir Walter Scott nel suo romanzo The Antiquary. Racconterò questi esperimenti in occasione di un’altra “serata meravigliosa”, quando spazio e tempo saranno tali da poter rendere loro giustizia. Fu davvero piacevole – in quei momenti la definimmo una “serata meravigliosa” – trascorrrere quel tempo con un divulgatore e professore di filosofia e negromanzia come Decremps. Quella notte tornammo a casa molto divertiti e da allora mi è capitato diverse volte di presentare a mia volta i trucchi dell’autore de La Magie blanche dévoilée in memoria della sua meravigliosa festa di Natale.


Note

1. L’autore si riferisce alla cosiddetta “Illusione della Sfinge”, creata da Thomas Tobin e presentata per la prima volta all’Egyptian Hall da Joseph Stoddart - illusionista che si presentava al pubblico come colonnello Stodare - nell’ottobre 1865: chiusa in una scatola appoggiata su un tavolo, una testa di sfinge apparentemente separata dal corpo era in grado di conversare con le persone presenti [NdT].

Mesmer è curato da Mariano Tomatis, già autore di La magia della mente (2008), Te lo leggo nella mente (2013, prefazione di Max Maven) e L’arte di stupire (2014, prefazione di Derren Brown).

Insieme a Wu Ming ha curato il Laboratorio di Magnetismo Rivoluzionario, sperimentazione teatrale tra mentalismo e letteratura.

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Per contatti: mariano.tomatis@gmail.com

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