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La lanterna magica dei migranti
26 Termidoro Anno 225, Gisors-Annecy (616 km). Dal “Blog of Wonders” (14.8.2017)
Oggi sono i biscotti alla base della zuppa inglese, ma tra il Sette- e l’Ottocento i Savoiardi erano personaggi poco raccomandabili: poveri e spesso incolti, erano migranti che attraversavano l’Europa sbarcando il lunario con semplici spettacoli; c’era chi suonava la ghironda e chi l’organetto, chi faceva ballare gli orsi e chi le scimmiette. E poi c’era chi intratteneva il pubblico con la lanterna magica.
Giovanni Volpato e Francesco Maggiotto, "Savoiardi colla lanterna magica" (metà XVIII sec.).
Nel corso di un’estate spietata con chi migra per necessità e disperazione, invertire i punti di vista è un utile esercizio. Louis Desnoyers mi viene in aiuto spiegando che
[Nel 1846] quando a Parigi si parla di Savoiardi ci si riferisce senza distinzioni a chi proviene dalla Savoia, dal Piemonte, dalle Alpi francesi e dall’Alvernia. (1)
Insomma, tra i migranti di allora dovevo esserci anch’io. E chissà, forse sono imparentato con la compagnia del signor Vitali e Remì, le cui sfortunate vicende furono raccontate da Hector Malot in Senza famiglia (1878).
Il signor Vitali, al secolo Carlo Balzani, compra Remì per 30 franchi. Immagine di John B. Gruelle, 1916 (link).
È lunga la strada che dalla Normandia porta in Savoia, ma per capire la fantasmagoria di Robertson bisogna passare da Annecy. È un viaggio dalle stelle alle stalle. Perché se a Parigi le lugubri (e costose!) proiezioni di fantasmi erano riservate alle élite benestanti, le immagini delle lanterne magiche dei Savoiardi erano accessibili a tutte le tasche.
"Le joueur d’orgue" (1815) di Carle Vernet porta, sulla schiena, una lanterna magica (link).
Trattandosi di spettacoli da presentare al buio, i lanternisti proiettavano sotto tendoni di fortuna, facili da trasportare di piazza in piazza. E nonostante la meravigliosa strumentazione che adoperavano fosse considerata "magica" sin dal nome, essi erano visti con sospetto. Se oggi la Lega Nord propone di multare gli hotel che ospitano i migranti, il 7 ottobre 1724 un’ordinanza colpiva un albergatore per lo stesso motivo: aveva ospitato alcuni girovaghi Savoiardi senza registrarne le generalità. (2) Vivendo ai margini della società, i nomi dei lanternisti furono quasi tutti dimenticati; tra i pochi di cui è rimasta traccia ci sono Jean-Antoine e Anna Fodéré: nel 1734 la coppia aveva lasciato il villaggio di Bessans per "girare l’Italia con la lanterna magica" (3) sulle spalle.
L’altra notevole differenza tra Robertson e i Savoiardi era squisitamente politica. L’illusionista rianimava gli spettri di nobili e rivoluzionari senza distinzioni di partito: come una banderuola, egli celebrava gli ideali di chi era al potere senza alcuna contestazione - e vide cambiare numerosi governi. Dotati di una vis polemica più affilata, i Savoiardi distorcevano i ritratti facendone dissacranti caricature. Come spiega Roger Gonin,
si trattava di prendere in giro una certa aristocrazia che, per il tipo di abbigliamento che sfoggiava, sembrava aver perso del tutto il senso del ridicolo. (4)
Lastra per lanterna magica. A sinistra si riconosce un frate che chiede da bere alla coppia reale; Maria Antonietta sta ricevendo del vino da Luigi XVI.
Onorando la memoria dei lanternisti Savoiardi, dal 1960 Annecy organizza un festival internazionale dedicato ai film d’animazione (AIAFF) e ospita un museo sullo stesso argomento (il Musée du film d’animation). L’esposizione riconosce, nelle rudimentali immagini in movimento della lanterna magica, gli antenati dei più moderni cartoni animati, dedicando una buona parte della mostra alle sofisticate tecniche con cui - dal Seicento a oggi - si è giocato con la luce per produrre spiazzanti animazioni.
L’ingresso al museo è gratuito e la visita è per gran parte interattiva: ciascun dispositivo è illustrato nei pannelli esplicativi, mostrato in reperti d’epoca sotto vetro e attivabile tramite repliche moderne. Si può giocare con le anamorfosi e i caleidoscopi, sfogliare flip book e folioscopi, animare zootropi e prassinoscopi. Nell’ultima sala si può addirittura realizzare un cartone animato, fotogramma per fotogramma.
Tra gli oggetti più curiosi c’è una lastra per lanterna magica a manovella: serviva a proiettare scheletri danzanti.
Musée du film d’animation. Fotografia di Mariano Tomatis.
L’exhibit più spettacolare è l’automa di Émile Reynaud che mette in funzione una pantomima luminosa, un cartone animato che nel 1892 al Museo Grevin di Parigi fu visto da oltre mezzo milione di persone.
Musée du film d’animation. Fotografia di Mariano Tomatis.
La pantomima impiega due lanterne magiche: la prima proietta sullo schermo l’immagine fissa di un fondale, la seconda illumina una pellicola i cui fotogrammi in sequenza compongono un’animazione; la luce che attraversa la pellicola viene riflessa, tramite una serie di specchi, sullo stesso schermo.
Reynaud deve molto alla fantasmagoria di Robertson, in parte per l’idea della retroproiezione (gli spettatori non vedono le lanterne magiche nascoste dietro lo schermo), in parte perché l’illusionista belga aveva usato la tecnica delle due lanterne (fissa e mobile) per mettere in scena "la Monaca sanguinante", figura tratta dal discusso romanzo gotico Il monaco (1796) di Matthew Gregory Lewis. (5)
Illustrazione tratta dalle Mémoires di Robertson (Vol. 1, p. 343.) La lanterna A proiettava la monaca, la lanterna B proiettava il chiostro (1831).
Il riferimento più esplicito all’odierna condizione dei migranti è un’animazione per prassinoscopio di metà Ottocento.
L’Occidente vi è ritratto nelle vesti di un diavolo intento a divorare degli uomini di colore - metafora perfetta della sopraffazione colonialista alla base della crisi umanitaria contemporanea.
Facendo scorrere tra le dita i vecchi vetrini dei Savoiardi, trovo l’immagine con cui chiudere il mio spettacolo; decido di proiettarla accompagnata da un’espressione di Wu Ming che è anche una dichiarazione di intenti. Sullo schermo appare una processione di uomini e bestie su cui incombe la catastrofe, tutti in cammino verso un’arca che ne rappresenta la salvezza.
Gonin 2016, p. 48.
Una voce la accompagna con l’unica strategia oggi ancora concepibile:
Salvarsi il culo il più collettivamente possibile. (6)
Note
1. Louis Desnoyers, Les Étrangers à Paris, Charles Warée, Paris 1846, p. 117.
2. Roger Gonin,Ces Savoyards montreurs de lanterne magique, Cahiers du Vieux Conflans, Albertville 2016, p. 29. L’autore ha un blog sul tema.
3. Francis Tracq, La mémoire du vieux village: la vie quotidienne à Bessans au début du XXe siècle, La Fontaine de Siloé, Montmélian 2000.
4. Gonin 2016, p. 46.
5. Étienne-Gaspard Robertson, Mémoires Récréatifs, Scientifiques et Anecdotiques du Physicien-Aéronaute E.G. Robertson, Vol. 1, Chez l’Auteur, Parigi 1831, p. 343.
Annecy, 14 agosto 2017.
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